GLOSSOLALIA





LA GLOSSOLALIA NELLA BIBBIA

La "glossolalia" o "dono delle lingue" viene presentata dalla Bibbia come componente della vita carismatica della chiesa. Nel catalogo paolino contenuto nell’epistola ai Corinzi trova il proprio posto fra i doni che conferiscono capacità soprannaturale per parlare.
Tutti i doni spirituali conferiscono capacità soprannaturali; cioè si manifestano, attraverso i credenti non ignorando, ma superando la loro personalità; intelligenza, azione, parola quando scaturiscono dallo Spirito rendono il cristiano uno strumento che compie l’opera soprannaturale di Dio. La glossolalia può essere considerata fra i doni che in modo più evidente e diretto dimostrano la soprannaturalità della propria essenza perché essa permette al credente di esprimersi in "lingue" sconosciute senza l’intervento dell’intelligenza o della cultura.

Il fenomeno spirituale non può essere studiato e compreso a mezzo della scienza medica, psicologica o filologica perché appartiene alla sfera del divino dove la sovranità di Dio si esprime "al di fuori e al di sopra" alle leggi spirituali conosciute dall’uomo. I tentativi compiuti dalle varie discipline scientifiche per interpretare il fenomeno, si sono sempre dimostrati inefficaci.
La "glossolalia" dunque è quel dono spirituale che si "sostituisce" alla lingua del credente e gli consente di esprimersi in una "lingua" a lui sconosciuta; ovviamente la "sostituzione" coinvolge direttamente anche la mente perché la "parola espressa" rappresenta semplicemente e per tutti la manifestazione del pensiero. Il glossolalo invece parla, ma non comprende il proprio discorso, le proprie parole perché sono "proprie" soltanto entro i limiti dell’uso delle corde vocali e delle emissioni di fiato cioè entro i limiti della "partecipazione fisica"; naturalmente c’è di proprio la disponibilità spirituale. L’essere usato dallo Spirito implica la realizzazione di una esperienza che anche se non è razionale è ugualmente edificativa ed edificante; "parlare in lingue" per lo Spirito costituisce quindi, come vedremo più chiaramente in seguito, sempre una benedizione.

Che l’uomo possa improvvisamente parlare in una lingua a lui sconosciuta è ammesso generalmente da molti, ma il fenomeno viene interpretato nelle più diverse maniere, anche perché, dobbiamo ammetterlo, si verifica nelle più diverse sfere della vita spirituale e nelle più diverse forme; ma in questo breve e modesto scritto intendo affrontare "esclusivamente" il problema della glossolalia in relazione alla vita carismatica, alla luce della Scrittura e quindi ignorando gli studi che sono stati compiuti per affrontare l’argomento da punti di vista profani.

Già nel primo libro della Bibbia viene rapidamente descritto l’intervento di Dio fra gli uomini che avevano programmato la costruzione di una città e di una torre che doveva giungere fino al cielo. L’ambizioso progetto non poteva essere approvato da Dio che sentenziò:
"…scendiamo e confondiamo la loro favella; acciocché l’uno non intenda la favella dell’altro…(Gen. 11:7)" il Signore confuse quivi la favella di tutta la terra (Genesi 11:9).
L’esegesi del passo può farci concludere che in Babilonia ognuno comprendeva se stesso, ma nessuno comprendeva l’altro, ma comunque un popolo fino a quel giorno unito da un unico linguaggio diviene improvvisamente matrice delle più diverse lingue. Non possiamo certo identificare il "dono delle lingue" col miracolo di Babilonia o viceversa, ma possiamo però rilevare che quando il "divino" s’inserisce nell’umano, possono verificarsi quei fenomeni che molti si ostinano a voler comprendere e spiegare a livello della ragione.

La Bibbia, dopo il passo ricordato, non torna più a parlare in maniera esplicita del miracolo delle lingue; personalmente rifiuto l’interpretazione di alcuni che vogliono vedere in Deut. 28:49 un riferimento alla glossolalia. Questo passo può essere messo in parallelo con Isaia 33:19 – Salmo 81:5 e Ger. 5:15: sono evidenti riferimenti a quei popoli stranieri la cui lingua non può essere compresa in Israele appunto perché "straniera", lingua però ben compresa dai popoli che la parlano.
Paolo nella prima epistola ai Corinzi cita un passo della "legge" che rappresenta una profezia relativa alla glossolalia. Sembra che per "legge" l’Apostolo voglia dire "Antico Testamento" perché l’unico passo che può essere considerato corrispondente a quello citato nella epistola è quello contenuto nel profeta Isaia: "Con labbra balbettanti e con lingue straniere parlerà a questo popolo" 28:11.

Ma anche questa profezia rimane avvolta da quello ermetismo che caratterizza gli annunci di realtà che possono avere la loro spiegazione precisa soltanto quando si compiono. Non possiamo escludere che la glossolalia possa anche avere avuto un posto ed una manifestazione nei circoli profetici, specialmente quando si determinavano fenomeni estatici collettivi (I Sam. 19:20-24) ma questo rimane nel campo dell’ipotesi e onestamente dobbiamo riconoscere che non si può compiere una ricostruzione storica basandola sopra congetture personali.
Vogliamo anzi annotare che neanche Gioele, definito il profeta dello Spirito Santo, che pure indugia nel parlare delle esperienze o dei doni spirituali, fa menzione della glossolalia. Queste constatazioni spiegano perché il soggetto, scarsamente documentato biblicamente, suscita tante perplessità in quegli studiosi della Scrittura, che privi di una esperienza carismatica diretta, cercano almeno l’ausilio di una copiosa letteratura chiarificatrice per comprendere e quindi spiegare il soggetto stesso.

L’Antico Testamento è avaro di citazioni utili ad approfondire il problema ed il Nuovo Testamento è stringato, ma ci fornisce però tutte le indicazioni utili alla comprensione, anche teologica, di un’esperienza spirituale che diviene completamente chiara quando il credente la realizza e può confrontarla con la Scrittura.

I quattro Vangeli espongono, completandosi vicendevolmente, la dottrina dello Spirito Santo; ci fanno conoscere che guida, rivela, parla per il credente; lo Spirito convince il mondo di peccato, consola il fedele, lo difende, può essere ricevuto in "misura" sempre più abbondante, è dato a tutti coloro che Lo desiderano e Lo chiedono (Lc. 11:13 – Giov. 7:37-39).
L’evangelista Giovanni ricorda le dichiarazioni più solenni del Maestro in riferimento allo Spirito:-"Chiunque ha sete…chi crede in me dal suo ventre coleranno fiumi…" "E’ utile che io me ne vada…Il Consolatore verrà a voi" "Esso vi guiderà…" (Giov. 7:37-39).
Nonostante quest’abbondanza di materiale di studio, la sola citazione relativa alla "glossolalia" la troviamo nell’ultimo capitolo del Vangelo di Marco e, cosa che può apparire sorprendente, non in riferimento al soggetto dello Spirito Santo, ma a quello della fede:-Questi segni accompagneranno coloro che avranno creduto…parleranno nuovi linguaggi (Marco 16:17).

Voglio subito far notare che la glossolalia è indicata come un "segno" d’identificazione del credente e non come "segno di riconoscimento del battesimo dello Spirito Santo". I credenti presentano al mondo, assieme alla loro vita rigenerata e alle loro opere luminose, l’evidenza di una fede operante: esorcismo, taumaturgia, glossolalia che si uniranno ad una miracolosa invulnerabilità che li preserverà dal veleno dei serpenti o da quello delle bevande mortifere. Non posso chiudere questa parentesi senza aggiungere che questo verso del Vangelo di Marco illustra una condizione collettiva e non personale e le operazioni soprannaturali rappresentano quindi il patrimonio della chiesa, costituito dalla fusione dei doni e delle esperienze dei singoli credenti (I Cor. 12:11-30). Questa precisazione non vuole ancora affrontare il problema della relazione fra battesimo nello Spirito e glossolalia, ma vuole essere sottolineatura del primo passo neotestamentario relativo al nostro soggetto.

Dobbiamo giungere a Fatti 2:4 per trovare il passo successivo e questo c’introduce pienamente nell’argomento perché ci descrive l’esperienza dei cristiani raccolti nell’Alto Solaio di Gerusalemme. Io ritengo che questo passo sia il più esauriente non soltanto nella descrizione del fenomeno all’epoca apostolica, ma anche nell’illustrarne tanto l’aspetto formale, quanto i contenuti sostanziali. Voglio ricordare che il titolo di questo scritto è "la glossolalia" e quindi non posso cedere all’invito di dilatarlo oltre i naturali confini per entrare nelle allettanti articolazioni della teologia dello Spirito Santo, ma non posso però sottrarmi da una breve analisi esegetica delle parole del passo citato e di quelle del contesto.

I cristiani di Gerusalemme "cominciarono a parlare lingue straniere secondo che lo Spirito dava loro a ragionare", dopo che "furono riempiti", ma è anche utile ricordare le sequenze rapidissime che si susseguirono nel giorno della Pentecoste: - "Dal cielo" "un suono" "come di vento impetuoso che soffia" che "riempì tutta la casa". "Apparvero delle lingue spartite" "come di fuoco" "sopra ciascuno di loro" "tutti furono ripieni di Spirito Santo" (Fatti 2:2-3).
Se la Pentecoste viene accettata come modello, come prototipo del battesimo nello Spirito, deve essere anche accettata come punto di riferimento per lo studio della glossolalia. Il battesimo non è solo conoscere lo Spirito, realizzare una azione dello Spirito, ricevere un’effusione di Spirito, ma è "essere riempiti dello Spirito" (Fatti 2:4).

Il battesimo è realizzare la forza impetuosa del vento, la luce risplendente ed il calore del fuoco, la saturazione della personalità compiuta dalla potenza dello Spirito. Il battesimo è luce, potenza, vita in una misura che qualifica per il servizio, che rende pronti per la lotta (Fatti 1:8).
Soltanto in Fatti 2 abbiamo la precisa descrizione degli elementi che hanno caratterizzata la Pentecoste, ma non è ardito affermare che questa pagina della Scrittura ci è stata data per fornirci il modello, la pietra di paragone, per poter sempre individuare un autentico battesimo nello Spirito. La Pentecoste individuale o collettiva deve giungere alla glossolalia attraverso il battesimo e deve manifestare il battesimo nella successione di quelle precise realtà che possiamo esemplificare o figurare nel vento, nel fuoco…nella pienezza.
Giustamente ha fatto osservare il Tozer che la promessa espressa da Gesù in Atti 1:8 "Voi riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su di voi", non si riferisce a due realtà separate "Spirito" e "Potenza", ma ad una sola realtà: "Spirito, che ha in Se stesso e quindi conferisce Potenza". Non è possibile quindi realizzare il battesimo nello Spirito, senza realizzare anche potenza o, come possiamo esprimerci tipologicamente, senza presenza del vento, del fuoco, della pienezza.

Che l’esperienza del battesimo sia sempre caratterizzata da un’evidenza sensibile è confermato in modo inequivocabile dal libro dei Fatti, dalle parole di Pietro: "…ha sparso quello che voi VEDETE ed UDITE…" Fatti 2:33, agli altri versi:
"…VEDENDO che per l’imposizione delle mani degli apostoli, lo Spirito Santo era dato…" Fatti 8:18; "…li UDIVANO parlare lingue e magnificare Dio" Fatti 10:46;
"…lo Spirito Santo venne sopra loro e parlavano lingue strane e profetizzavano…" Fatti 19:6.